Fasce fiorite nei frutteti per migliorare la fertilità

Un'attenta gestione non crea interferenze con le specie arboree coltivate. Da preferirsi specie e varietà autoctone
didascalia.

Fascia fiorita in un giovane albicoccheto.

Data:Fri Jan 31 13:21:00 CET 2020

Numerosi studi scientifici dimostrano la stretta relazione che lega la biodiversità con i servizi ecosistemici, così come la capacità di un ecosistema (quale anche quello agricolo) di funzionare ed essere resiliente. Di conseguenza, promuovere l’agrobiodiversità, intesa come l’insieme di tutti gli organismi viventi di un agroecosistema, inclusa la componente spontanea e selvatica, comporta un ritorno in termini di servizi ecosistemici che determinano una maggiore capacità del sistema di autoregolarsi, di ottimizzare l’utilizzo delle risorse e ridurre la dipendenza dagli input esterni per la difesa e la gestione della fertilità.

In questo contesto generale, i frutteti sono habitat molto interessanti dal punto di vista dell’agrobiodiversità e del paesaggio agrario. Negli ultimi decenni, l'intensificazione colturale e l’uso intenso di prodotti fitosanitari hanno portato ad una loro graduale semplificazione, incrementando la frammentazione paesaggistica e il conseguente deterioramento degli habitat naturali, interrotti o ridotti nella loro estensione. Di pari passo con questi processi, si assiste a un significativo declino della biodiversità e al venir meno delle funzioni e dei servizi ecosistemici connessi.

D’altro canto, i benefici apportati all’agroecosistema dall’implementazione di strategie di diversificazione sono ormai noti in letteratura. Per strategie di diversificazione si intende sia la promozione della biodiversità coltivata “da reddito” nel tempo e nello spazio (ad esempio tramite rotazioni, colture multiple e/o consociazioni, agroforestazione) che l’introduzione di infrastrutture ecologiche (siepi e/o essenze vegetali non produttive), così come la gestione della biodiversità spontanea (flora spontanea), in chiave funzionale.

In questo contesto, l’impiego di fasce fiorite (flower strips), sia annuali che perenni, all’interno dei frutteti rappresenta una strategia di diversificazione in grado di migliorare la fertilità del suolo, la nutrizione degli alberi, il contenimento della flora spontanea, e, allo stesso tempo, offrire riparo, nettare, polline agli artropodi utili o agli insetti pronubi, fornendo, pertanto, servizi ecosistemici fondamentali, primi fra tutti il controllo biologico e l'impollinazione. L’introduzione delle fasce fiorite ha quindi come obiettivo principale quello di integrare l'approccio agroecologico nella gestione del frutteto, volto al miglioramento della sua resilienza. Se opportunamente e attentamente gestita, la fascia fiorita può occupare una nicchia ecologica lasciata disponibile dal sistema arboreto specializzato, non interferendo negativamente con le specie arboree coltivate, senza compromettere quindi la quantità e la qualità delle produzioni. Questa strategia promuove quindi l’agrobiodiversità funzionale e risulta un metodo efficace per ridurre l'uso degli insetticidi, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi identificati dalla politica agricola europea. Inoltre, la messa in opera di fasce fiorite (Figura in calce: Esempio di fascia fiorita annuale (facelia, borragine e coriandolo) all’interno di un giovane albicoccheto -progetto BIOPAC – azienda sperimentale del Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Roma; foto: Corrado Ciaccia, 2018) può anche accrescere il valore estetico, ricreativo e culturale del paesaggio, contribuendo ad avvicinare cittadinanza e consumatori alle realtà produttive più virtuose, orientandone le scelte in chiave sostenibile e contribuendo a sostenere strategie di marketing agricolo sostenibile.

Negli ultimi anni molti studi riportati in letteratura hanno valutato gli effetti dell’introduzione delle fasce fiorite formate da specie perenni nei frutteti. Tra i risultati più significativi: in Svizzera, in meleto fasce di fiori seminate costituite da 30 specie di fiori annuali e perenni, hanno ridotto l'impatto del danno da afidi al di sotto di una soglia ritenuta economicamente accettabile per diversi anni, senza l'uso di insetticidi. Simili risultati sono stati ottenuti in Belgio, con fasce di fiori seminate con 20 specie di fiori annuali e perenni. In Francia, la presenza di fioritura di Anthemis arvensis, Centaurea cyanus e Chrysanthemum segetum in prossimità di giovani peri infestati da psille ha soppresso significativamente il tasso di infezione in due settimane. Sempre in Francia, in meleto, le fasce fiorite hanno determinato un aumento di circa il 60% il numero di larve di coccinelle e sirfidi nelle colonie di afidi. Anche in Italia, alcuni lavori effettuati in vigneto hanno mostrato l’utilità delle fasce fiorite per l’aumento della biodiversità funzionale degli artropodi. Inoltre, molti studi mostrano una correlazione positiva tra l'abbondanza dei predatori e la riduzione dei parassiti fitofagi.

La composizione floristica delle fasce fiorite dovrebbe comprendere specie con determinate caratteristiche, quali: (i) essere attraenti per i nemici naturali degli insetti fitofagi, (ii) non essere attraenti per insetti parassiti e roditori, (iii) avere una fioritura sequenziale che copra la stagione colturale o che almeno coincida con i periodi strategici delle potenziali pullulazioni di insetti e con la fioritura delle piante, (iv) comprendere piante a rosetta per tollerare la pacciamatura ripetuta, (v) essere tolleranti al traffico delle macchine, (vi) avere ciclo di vita biennale o perenne, (vii) essere tolleranti alle condizioni del terreno ricco di nutrienti del frutteto, (viii) essere competitive con la flora spontanea, e (ix) essere tolleranti all’ombreggiamento dato dalle piante arboree.

Per la costituzione delle fasce fiorite, le specie e le varietà vegetali autoctone (ecotipi e forme selvatiche) sono preferibili rispetto alle forme coltivate, per promuovere la biodiversità locale e perché meglio adattabili alle condizioni pedoclimatiche locali. Inoltre, le forme coltivate sono generalmente meno competitive con la flora spontanea rispetto agli ecotipi e alle forme selvatiche.

Infine, la composizione della miscela delle specie da fiore dovrebbe essere progettata sulla base delle caratteristiche del suolo (il già citato contenuto in nutrienti, ma anche il pH e la struttura) nonché dei potenziali servizi ecosistemici che si vogliono amplificare (ad esempio, potere biofumigante e/o nematocida, come nel caso delle Brassicaceae).

Un aspetto interessante e poco studiato riguarda la gestione delle fasce fiorite. Semina, sfalci periodici e pacciamatura devono favorire la loro crescita, il mantenimento della composizione floricola, la competizione con le erbe spontanee e con la coltura. La gestione non può che essere meccanizzata, da condurre con attrezzature specializzate (peraltro piuttosto rare in commercio) oppure con l’utilizzo di macchine aziendali opportunamente regolate allo scopo. Sarebbe ottimale poter disporre di attrezzature in grado di effettuare sfalci differenziati con un solo passaggio, per gestire contemporaneamente l’inerbimento spontaneo e favorire la crescita delle fasce fiorite collocate nella parte centrale dell’interfilare, per una larghezza pari o inferiore allo spazio tra le ruote del trattore. Al momento, macchine capaci di eseguire con efficacia tali operazioni non sono disponibili e risulta necessario un attento lavoro di ricerca e di messa a punto dell’innovazione, da svolgere con il contributo degli agricoltori, dei tecnici e degli operatori del settore, volto allo sviluppo di cantieri di lavoro disegnati per soddisfare le differenti esigenze operative che emergono dalle realtà produttive.

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Agrifoglio n. 91 -  

Temi
Biodiversità
Rubrica
coltivando
Autori
Marcello Biocca
Corrado Ciaccia
Elena Testani
Stefano Canali
Luca  Colombo

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