Focus

L’Orobanche del pomodoro

Continua a preoccupare la diffusione della temibile fanerogama nelle aree lucane del pomodoro da industria
didascalia.

Pianta di pomodoro parassitizzata da Orobanche ramosa, Palazzo S. Gervasio (PZ).

Data:Thu Jun 25 17:15:59 CEST 2020

Il genere “Orobanche” comprende delle specie di piante particolari che si caratterizzano dall’essere parassite di altre piante. Come l’etimologia del nome rivela (dai due termini greci òrobos=legume e anchéin= strozzare), le specie più comuni sono quelle che parassitizzano i legumi, ben note anche in Basilicata, tanto che il loro nome dialettale (“sporchia”) è diventato sinonimo di “sfortuna”.  Ma da diversi anni la “sporchia” si è abbattuta su un’altra importante specie coltivata: il pomodoro. Nei maggiori comprensori italiani di coltivazione del pomodoro da industria, infatti, si sta diffondendo Orobanche ramosa, che attacca diverse solanacee ma predilige il pomodoro.

O. ramosa, al pari delle altre specie del suo genere, è una fanerogama parassita obbligata (in quanto priva di clorofilla), il cui ciclo vitale dipende totalmente dall’ospite. L’orobanche è caratterizzata dall’essere priva di un vero apparato radicale, sostituito da “austori” che si fissano alle radici delle piante parassitizzate da cui traggono nutrimento direttamente dal sistema vascolare.

La riproduzione delle orobanche avviene per seme. Il ciclo vegetativo è annuale e generalmente coincide con quello delle piante ospiti, con emissione degli scapi fiorali (turioni) nel periodo di fioritura delle piante parassitizzate. Gli scapi fiorali di O. ramosa sono piuttosto esili e portano numerosi fiorellini di colore azzurro pallido.

I semi maturano dopo un mese e mezzo o due dallo sviluppo della parte aerea, sono molto piccoli (circa 0,3 mm), numerosissimi (da un minimo di 50.000 fino a 500.000 per pianta), e possono accumularsi rimanendo vitali nel terreno per oltre 10 anni. La diffusione dei semi avviene tramite l'acqua di irrigazione o di pioggia, ma anche attraverso le deiezioni di animali che si sono nutriti del parassita, attraverso gli insetti o mediante la contaminazione degli operai e dei mezzi agricoli. La contaminazione dei terricciati utilizzati per la produzione delle piantine di vivaio è particolarmente rischiosa perché facilita la veloce diffusione dell’Orobanche in nuove aree. I semi, quando specificamente stimolati dalle sostanze secrete dall'apparato radicale delle piante ospiti, germinando emettono un austorio con cui si impiantano nelle radici dell'ospite, sottraendone la linfa.

Il danno alla coltura dipende dalla diffusione dell’infestazione ed è tanto maggiore quanto più precoce è l’attacco. Le piante parassitizzate presentano uno sviluppo stentato e, in caso di forte attacco, subiscono perdite di prodotto quantitative e qualitative (ad esempio con una sensibile riduzione dei gradi brix) sino a collassare precocemente in fase di invaiatura dei frutti.

Da qualche anno è stata autorizzata l’estensione di impiego di un prodotto a base dell’erbicida rimsulfuron contro l’Orobanche su pomodoro. Rimsulfuron è un erbicida sistemico non residuale già registrato su pomodoro e su patata come graminicida e contro varie dicotiledoni che ha la capacità di inibire lo sviluppo dei germinelli dell’Orobanche prima che riescano a parassitizzare le radici del pomodoro, senza causare effetti fitotossici di rilievo alle piante in coltura.

I prodotti a base di rimsulfuron registrati contro l’Orobanche vanno somministrati in 2-3 interventi tramite distribuzione in manichetta (con le stesse accortezze che si utilizzano per le fertirrigazioni in modo che la soluzione erbicida raggiunga bene ed alle dosi desiderate il terreno esplorato dalle radici del pomodoro) a dosi variabili tra i 30 e i 50 gr/ha. Come confermato da varie sperimentazioni, la fase fenologica migliore in cui avviare gli interventi erbicidi è la fioritura del primo palco. In questa fase del pomodoro, infatti, è massima la possibilità che i semi di O. ramosa abbiano concluso la fase di pre-germogliamento (indotta dallo stimolo degli essudati radicali della specie ospite) ed inizino a germogliare, venendo in contatto precocemente con il diserbante, prima di aver iniziato il processo di parassitizzazione del pomodoro. I successivi interventi potranno essere effettuati, a distanza di 10-15 giorni, a seconda del livello di infestazione osservata negli anni precedenti o di quella in corso.

La disponibilità di uno specifico prodotto chimico contro l’orobanche è positiva ma non risolutiva e per la corretta gestione della problematica fitosanitaria restano comunque valide tutte le misure di carattere preventivo. Pertanto, la prima valutazione da fare è se impiantare il pomodoro in un terreno che è stato infestato negli anni scorsi o che è nelle vicinanze di campi infestati. In caso di elevata carica di inoculo o di alto rischio di contaminazione, potrebbe essere saggio evitare la coltura del pomodoro, optando per altre ortive piuttosto che ritrovarsi ad affrontare una forte infestazione di orobanche nei campi in piena vegetazione.

Tra le altre misure preventive sono da citare le corrette pratiche agronomiche. Per la prevenzione della contaminazione del terreno è importante la sanità del materiale di vivaio, dei contenitori e del terriccio che andrebbe sterilizzato con vapore. Utile ma non risolutivo è l'avvicendamento con colture non suscettibili (es. erba medica, mais, pisello, soia, fagiolo) che richiede tempi spesso troppo lunghi per essere proposti alle aziende specializzate nella coltivazione del pomodoro. Le arature profonde (di almeno 50-80 cm)  dei terreni contaminati possono portare i semi a profondità da cui non riescono a germinare ma sono costose e possono essere attuate solo in presenza di franchi di coltivazione profondi.

Positiva è anche la coltivazione o il sovescio nei campi infestati di brassicacee che rilasciano nel terreno sostanze tossiche (isotiocianati) che riescono in parte a disattivare i semi dell’orobanche.  

Agrifoglio n. 96 -  

Temi
SeDI
Autori
Arturo Caponero

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