La "pitta di grandinii" di Calvera è Prodotto Agroalimentare Tradizionale
Foglia di cavolo, sale, olio e farina di mais sono gli ingredienti di un piatto della cucina povera
Data:Fri Mar 13 01:00:00 CET 2020
La pitta di grandinii è una pizza a base di farina di mais tipica di Calvera (PZ) che, su segnalazione dell’Agenzia lucana di sviluppo e innovazione in agricoltura alla Regione Basilicata, il Ministero della Politiche agricole alimentari e forestali ha riconosciuto tra i Prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) nell’ultimo aggiornamento dell’elenco nazionale. L'aggiornamento è stato pubblicato sul supplemento ordinario n. 9 alla Gazzetta Ufficiale n.42 del 20 febbraio 2020.
Foglia di cavolo, sale, olio e farina di mais di varietà “quartino” macinata con mulino a pietra sono gli ingredienti di questa ricetta di origini molto antiche. Dal sapore delicato e il colore dorato, la pitta è stata per molti anni l’unico piatto di cui a Calvera disponevano le famiglie povere. Per i tanti che non potevano permettersi la farina di grano duro, la pitta di grandinii era la colazione per i bambini e la cena per gli adulti, che nel periodo autunnale e invernale potevano avvalersi delle produzioni agricole stoccate nei magazzini.
Se ne preparano in due diverse versioni: le pitticelle, a forma di ciambella, che consistono in un impasto a base di farina di mais misto ad acqua. Dopo un’attenta lavorazione, vengono riposte tra due foglie di cavolo ricoperte da cenere e brace per cuocere direttamente sulla base in mattoni del camino; e poi ci sono le pitte, vere e proprie focacce, di formato più grande. Il metodo di cottura è identico: l’unica variante è l’utilizzo di un coperchio sopra per adagiare direttamente tizzoni ardenti e brace. La pitta, dopo una cottura di circa 30 minuti, può essere farcita con peperoni cruschi fritti, olive essiccate, salame, formaggio e sugo.
Le zone agricole del territorio di Calvera più vocate alla coltivazione della varietà di mais locale, utilizzato per la pitta, sono sicuramente quelle poste in prossimità del torrente Serrapotamo nelle contrade Sant’Andrea-Montenuovo-Coccaro-San Biase –L’ischia- sotto san Gaetano le grotte, e giù oltre la contrada Vallina.
Reintrodurre questa coltivazione, come scrive Giuseppe Domenico Gugliettella nella relazione che ha accompagnato la richiesta di inserimento della pitta grandinii, nell’elenco nazionale PAT, potrebbe risultare assai vantaggioso sia nella fase di coltivazione, produzione e commercializzazione che di consumo. Non si può trascurare, infatti, che il recupero dei sapori di un tempo sempre più spesso si accompagna al recupero dell’identità storico-culturale dei luoghi.